giovedì 11 agosto 2011

Tracce di Ricordi Perduti

Quei passi risuonano per tutto l'hangar. Qualcuno sta facendo il suo ultimo giro di ricognizione. Essere ultimo, a volte, è quasi un onore. Si è quello che può gettare un ultimo sguardo su ciò che sta lasciando dietro di se, dietro quella porta, quel cancello da cui sono passate persone, storie, successi ed una grande varietà di idee creative, arte e tecnologia.
Il mondo è cambiato e quest'arte è evoluta un po' troppo velocemente per loro.
Tutto è spento. La luce filtra da piccoli lucernari posti in alto. Qui si è quasi sempre lavorato con luce artificiale, ma ora l'elettricità è già staccata. Cosa ne sarà di quei pannelli? Molte persone vi hanno dedicato tempo e maestria. La cellulosa che le ha impresse resisterà al tempo? Che fine faranno tutte quelle bobine in magazzino? E queste cineprese? Chi mai le vorrebbe ora che è giunto l'avvento del sonoro...



Quei passi continuano a risuonare... Il mondo è cambiato, ora c'è una persona che promette di rendere grande il nostro paese, ma ha idee un po' spaventose e le sue visioni sono più vecchie ed anacronistiche di quel che si faceva qui.
Quei passi risuonano ancora ed il loro eco rimbalza su quelle pareti spoglie, in mezzo a quelle attrezzature ormai da collezionista che prima o poi verranno depredate da sciacalli o quantomeno dall'erosione del tempo, tiranno della memoria. Echi che si moltiplicano e riportano in vita passi, fruscii e voci concitate, prese a dare indicazioni. Poco più in la, dove ci sono quegli specchi, qualcuno dipingeva caratteri sul viso delle dive del momento, caratteri espressi solo con la gestualità e lo sguardo. Arte. Arte che si è persa. Arte che era al culmine della sua vera natura e bellezza proprio perché allora era nuova e ricca di entusiasmo ed iniziativa.
Ma quei passi risuonano nel vuoto e nel silenzio imperterriti. Ci ricordano che era un arte senza voce, silenziosa... E, nello stesso silenzio che la contraddistingueva, ora se ne va, in una ultima scena decadente degna del miglior film muto drammatico.
Un pezzo di storia si è fatto qui.
Riapro gli occhi, il silenzio è rotto. Bambini urlano e giocano in mezzo al verde, sotto gli occhi vigili ma tranquilli delle mamme: non possono allontanarsi, i cancelli sono chiusi ed i muri di cinta abbastanza alti. È una fortuna avere a disposizione uno spazio verde così bello.
Ma chi si ferma veramente di fronte all'ingresso di questo giardino per chiedersi "cosa c'era qui prima"?
Oggi del passato non resiste che quell'ingresso, quelle due parole sbiadite in caratteri liberty. Il tempo e gli eventi sono stati molto crudeli. Non un ricordo, non un documento, una foto... Non abbiamo più nulla. Solo una memoria sbiadita, un un muro, una scritta e quattro capitelli. E solo chi veramente si sofferma a chiudere gli occhi un attimo può veramente immaginare cosa c'era di più. Ripartendo a ritroso, da quei passi che riecheggiano nel teatro di posa, buio, deserto, sotto quei fari spenti, dietro a quelle scenografie impolverate, sopra quelle bobine abbandonate in un angolo... Negli occhi di colui che si guarda attorno stringendo con malinconia quella chiave su cui è impressa, invisibile, quella famosa parola a conclusione dei film: fine.


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